Portare il proprio cane al ristorante dovrebbe essere una cosa normale dal momento che il nostro amico è un membro a tutti gli effetti del nucleo familiare. In realtà, le cose non sono così semplici, perlomeno nel nostro Paese, dove non sempre è possibile entrare tranquillamente in un ristorante accompagnati dai nostri amici a quattro zampe. Le cose sono un po’ diverse in altre nazioni, in particolar modo in quelle del Nord Europa dove accomodarsi in un locale insieme al proprio cane è una cosa del tutto naturale.
Va detto, a onor del vero, che, negli ultimi anni, le cose sono molto migliorate anche da noi e sono moltissimi i ristoranti, le trattorie e le pizzerie nei quali gli animali da compagnia sono i benvenuti (se non sempre per amore, almeno per forza, dato che i proprietari di cani sono sempre più numerosi e porre restrizioni varie sarebbe un vero e proprio boomerang per gli affari del locale); purtroppo sono ancora molti anche i locali e gli alberghi che esplicitamente dichiarano che i cani non sono bene accetti. In alcune strutture, invece, le cose stanno a metà strada, nel senso che il “sì” è condizionato (“Sì, potete portare il vostro cane, ma solo se di piccola taglia” ecc.).
Un consiglio che ci sentiamo di dare ai proprietari di cani è quello di informarsi contattando il locale prima di prenotare un tavolo; si eviteranno spiacevoli discussioni e soprattutto si eviteranno fastidiose perdite di tempo.
Cosa dice la legge?
Ma la legge cosa dice sul cane al ristorante? Purtroppo la legislazione in materia non è molto chiara, tanto che la legge nazionale è stata spesso contrastata da leggi regionali o comunali.
Gli amici dei quattro zampe richiamano spesso Il D.P.R. 320/54 (aggiornato nel 2006), ovvero il regolamento di polizia veterinaria, ricordando che nei locali pubblici il cane può entrare se al guinzaglio. Non è proprio così, basta cercare la parola “guinzaglio” nel decreto e si trova la parte interessata.
Il sindaco deve provvedere alla profilassi della rabbia prescrivendo:
omissis
d) l’obbligo della museruola e del guinzaglio per i cani condotti nei locali pubblici e nei pubblici mezzi di trasporto.
La norma ha carattere restrittivo, non positivo e niente impedisce a un sindaco (o a una regione) di vietare del tutto l’ingresso dei cani; se il ristoratore è già di per sé poco propenso all’accoglienza di animali da compagnia nel proprio locale, la frittata è fatta…

Se il gestore decide di non far entrare i cani, ha l’obbligo di esporre all’ingresso, in posizione ben visibile, un cartello con il chiaro avviso che gli animali non sono ammessi
Si deve però precisare che in quei comuni italiani dove è vigente il regolamento per il benessere e la tutela degli animali, i proprietari che vedono rifiutare l’ingresso al proprio amico, possono rivolgersi ai vigili urbani, sempre che il gestore non abbia esposto in modo ben visibile l’apposito cartello che vieta l’ingresso ai cani per ragioni igienico-sanitarie.
Il divieto di ingresso non vale per i cani guida dei non vedenti il cui ingresso nei locali è sempre ammesso.
Gestire il cane al ristorante: qualche consiglio
Anche se in un ristorante i cani sono benvenuti, non significa che non si debbano rispettare alcune semplici norme di buon comportamento così da prevenire qualsiasi tipo di problema. Servirà anche a far capire agli scettici che non esiste nessuna controindicazione all’ingresso dei cani nei locali di ristorazione.
Ecco di seguito alcuni semplici consigli.
La prima cosa da fare, come già accennato in precedenza, è avvertire il ristoratore che siamo in compagnia di un cane (o di un gatto ecc.).
Il cane deve stare al guinzaglio vicino al suo padrone, così da non ostacolare i movimenti di chi lavora nel locale e quelli degli altri avventori.
Il cane deve essere educato in modo tale che non vi sia alcun rischio di creare situazioni di pericolo o disagio per coloro che sono presenti nel locale.
Il cane deve essere pulito e non emanare sgradevoli odori; non è infatti molto rispettoso costringere i proprietari a dover ripulire il proprio locale perché il nostro cane ha pensato di rotolarsi nel fango oppure perché è tutto bagnato.
Ovviamente il cane deve essere sano o comunque non deve essere affetto da patologie trasmissibili a uomini o altri animali.
È buona norma chiedere se i propri vicini di tavolo se hanno problemi allergici (le allergie ai peli di gatti e cani non sono evenienze poi così infrequenti); se la risposta è affermativa chiedete al gestore di spostarvi in una zona diversa.
Se il vostro cane ha l’abitudine di abbaiare frequentemente, se la stagione lo consente e il locale dispone di tavoli all’esterno del locale, chiedete di accomodarvi lì.
Se nel locale sono presenti altri avventori accompagnati da cani è consigliabile non sedersi proprio vicino a loro perché, in effetti, c’è il rischio di rumorosi litigi.
Se il vostro cane non è perfettamente educato (cioè attende seduto o sdraiato) non dategli il cibo dalla vostra tavola perché potrebbe agitarsi troppo e diventare insistente; se gli date qualcosa, predisponete una ciotola o comunque assicuratevi che non sporchi il pavimento.
Se non siete più che sicuri della tranquillità del vostro amico, se uno sconosciuto si avvicina per accarezzarlo, gentilmente invitatelo a non farlo per evitare di rendere il cane troppo esuberante.
IL COMMENTO
Vi scrivo perché l’articolo sui cani ha suscitato in me qualche perplessità.
Premetto che con questa mail non intendo né criticare l’articolo né offendere la sensibilità di chi ama i cani, ma esporre un punto di vista diverso, non tanto relativamente all’abbandono che è l’oggetto dell’articolo, quanto alla presenza dei cani all’interno degli esercizi commerciali.
Sono d’accordo sul fatto che i cani siano degli ottimi amici, che sappiano amare e che abbiano un mare di altre qualità però io, forse per un limite psicologico, sono uno di quelli che preferirebbero non vedere un cane all’interno di un negozio o un ristorante. Questo non perché ci sono leggi o perché “portano malattie” ma per una questione di schifo. Io non so in che modo un cane è stato educato, in un ristorante un cane potrebbe salire con le zampe su un tavolo, in un supermercato potrebbe strusciarsi contro un espositore di prosciutti o leccare la merce ecc…
Credo inoltre che chi possiede un cane dovrebbe tenerlo fuori dagli esercizi non per rispetto di una legge o di un adesivo posto fuori, ma per il rispetto delle altre persone.
Che cos’è la tolleranza? È l’accettazione delle diversità altrui quando non ci producono un danno concreto.
Tu parli di “questione di schifo”. Ma questo è un tuo problema. Non puoi pretendere che le tue paure (lo schifo che si prova per un cane è una fobia allo stesso pari dello schifo che si prova per un serpente) siano regole per altri e che vengano trasformate in una prova di rispetto per le persone. Sai quante persone non si lavano, entrano in un ristorante con i capelli sporchi, puzzano? Se superano certi limiti il ristoratore può invitarli ad andarsene, ma non si può ghettizzare una categoria. Non tutti i cani sono sporchi come non tutti gli xxxxx (metti la categoria umana che vuoi tu) sono criminali, sporchi, apportatori di malattie ecc.
Vedere di una categoria solo il peggio e ghettizzarla in base a ciò, è solo un atteggiamento razzista. Se ragioni logicamente e in maniera obiettiva ti accorgi che il tuo ragionamento è lo stesso che veniva usato negli anni ’50 del XX secolo in Alabama o in Mississippi per evitare che i neri si mischiassero ai bianchi. So di perdere un visitatore ma, come sempre, non posso non esprimermi con franchezza.
A me può fare schifo una persona per come è vestita, per i tatuaggi che porta, per come si infila le dita nel naso e, poiché ci sono molte persone che si infilano le dita nel naso, facciamo in modo che l’essere uomo che si infila le dita nel naso non entri nel ristorante perché potrebbe infastidirmi con i suoi movimenti nasali.
L’ultimo San Valentino siamo usciti a cena nel solito locale. Ci siamo seduti a un tavolo e subito una signora, appena visto il cane che avevamo con noi, è schizzata come morsa da una tarantola. Mi ha spiegato che lei aveva schifo dei cani, sotto lo sguardo imbarazzato del marito. Io le ho replicato (mentre il mitico gestore del locale osservava divertito la scena) che anche lei mi faceva schifo, grassa e flaccida com’era, ma che tolleravo la sua presenza perché “tutti hanno il diritto di entrare”.
In altri termini, se una persona ha un limite psicologico (tu spesso lo ipotizzi) non lo trasforma in una limitazione altrui, cerca di rimuoverlo. Io almeno ho sempre ragionato così, qualunque fobia avessi. Perché a ogni limite che spazzi via, la tua vita migliora. Se io vedessi una persona che si porta al ristorante un’iguana buonissima che si accoccola ai suoi piedi, che danno ne ho? Mi fa schifo? È un mio problema e invece di dirgli di andarsene, gli chiederei come è possibile amare un rettile e alla fine allungherei la mano per accarezzare la ex-schifosa bestiola.
Tu dici: Io non so in che modo un cane è stato educato, in un ristorante un cane potrebbe salire con le zampe su un tavolo, in un supermercato potrebbe strusciarsi contro un espositore di prosciutti o leccare la merce ecc…
Perché vuoi fare il processo alle intenzioni? Applica il tuo ragionamento a un bambino e converrai che anche i bambini meno educati si fanno trasportare nei carrelli della spesa dei supermercati (con le scarpe presumibilmente sporche), toccano di qui e di là dopo aver giocato nella terra, gridano e schiamazzano. Solo che, per riguardo a vecchi “idoli”, il bambino è accettato e il cane no. Ma logicamente non c’è differenza, dipende solo da come sono stati educati. Io non mi faccio tanti problemi perché non sono schiavo di educazioni preistoriche: se un bimbo strilla faccio presente al genitore che sta importunando e se quello replica con la stupida frase “ma è un bambino” gli faccio presente che è il “suo” bambino e che poteva educarlo meglio o tenerselo a strillare a casa. Nello stesso modo se un cane mi importuna, faccio presente la cosa al suo padrone e se questi replica gli faccio presente che il suo presunto amore per gli animali non può ledere i diritti altrui.
Quindi lasciamo stare il rispetto per le persone e cerchiamo di analizzare le cose fino in fondo, al di là delle nostre preferenze che spesso si trasformano in egoismi.