La displasia dell’anca del cane (nota anche come CHD, acronimo dei termini inglesi Canine Hip Dysplasia) è una grave patologia che colpisce l’articolazione coxo-femorale.
La displasia dell’anca fu descritta per la prima volta nel XX secolo, per l’esattezza nel 1935, da Schenelle che la definì come una turba dello sviluppo che causa un’insufficiente stabilità dell’articolazione. Di fatto, siamo in presenza di una malformazione della testa del femore che fa sì che questa non si adatti adeguatamente all’acetabolo, la cavità del bacino preposta al suo contenimento.
Le conseguenze principali di tale malformazione sono l’usura e l’erosione delle cartilagini dell’articolazione con conseguente instabilità della stessa; il bacino del cane quindi si muove scorrettamente. Tale situazione porta, nel peggiore dei casi, a processi artrosici deformanti che possono compromettere molto seriamente la qualità di vita del nostro amico a quattro zampe.
La displasia dell’anca è una patologia riscontrabile in tutte le razze canine, ma è prevalente in quelle di taglia grande e di taglia media; fra le razze più colpite vi sono il pastore tedesco, il rottweiler, il labrador retriever, il bulldog, il boxer ecc.; fra le razze di più piccola taglia la si ritrova più frequentemente nello springer spaniel e nel cocker. Nei cani di taglia più piccola è però più frequente un altro tipo di patologia a carico dell’articolazione coxo-femorale, ovvero la necrosi asettica della testa del femore, patologia che alcuni autori però considerano non come malattia a sé stante, ma come una particolare forma di displasia dell’anca.
Solitamente la patologia si presenta tra i 4 e i 12 mesi di età, ma esistono casi in cui la displasia dell’anca si è presentata molto dopo (2 anni di età).
NOTA – Soprattutto per le razze a rischio, è opportuno eseguire sempre una visita veterinaria verso i sei mesi d’età per verificare la presenza di un’eventuale displasia.
Cause
La displasia dell’anca è considerata una patologia a eziologia multifattoriale, ma la componente ereditaria sembra essere predominante. Che i fattori ambientali possano influenzare la patologia è fuor di dubbio, ma sembra ormai assodato che in un cane non predisposto essi non siano in grado di provocarla. La displasia dell’anca, in effetti, è una lassità congenita legata a un ritardo dello sviluppo e un cane che ne è colpito non è capace di far fronte ai fattori ambientali che possono aggravare pesantemente la displasia.
Segni e sintomi
La malattia è caratterizzata da una progressività delle lesioni che può essere così riassunta:
- Prima fase: lassità dell’articolazione coxo-femorale
- Seconda fase: degenerazione
- Terza fase: deformità
- Quarta fase: processo osteoartrosico.
L’esordio della malattia è caratterizzato da zoppia che può essere più o meno evidente a seconda della gravità del quadro; il cane zoppica perché si ha un attrito delle superfici dell’articolazione che causano dolenzia. Il problema si presenta inizialmente, in modo saltuario, quando il cane inizia l’attività fisica; con il proseguire dell’attività la zoppia migliora.
Con il passare del tempo, aggravandosi la situazione generale, il cane zoppicherà sempre di più, i suoi movimenti diventeranno sempre più impacciati e macchinosi e i soli gesti di alzarsi e sdraiarsi gli richiederanno notevoli sforzi.

Radiografia del bacino, proiezione VD (ventro-dorsale). Grave forma di displasia dell’anca (ultimo stadio)
Come riconoscerla
A prescindere dalla sintomatologia, che nella stragrande maggioranza dei casi è decisamente evidente, per una corretta diagnosi di displasia dell’anca sono necessari sia rilievi clinici sia esami ortopedici nonché esami di tipo radiografico; si devono infatti escludere con certezza altre patologie che possono presentare una sintomatologia simile (osteocondrite disseccante dei condili femorali, osteodistrofia ipertrofica, rottura del legamento crociato anteriore, poliartrite, neoplasie ecc).
Generalmente il cane affetto da displasia dell’anca presenta anche squadrate (boxy hips), andatura a coniglio (bunny hopping) e anche schioccanti (clunking hips); un test clinico che viene sempre eseguito in caso di sospetta displasia dell’anca è la prova di sollevamento sui posteriori.
L’esame di tipo ortopedico prevede sia test a paziente sveglio che test con il paziente sedato. Tra i test eseguiti a paziente sveglio ricordiamo il test di abduzione e rotazione esterna, il test di estensione dell’anca, il test di sublussazione dell’anca e il test del muscolo ileo-psoas; in anestesia invece vengono eseguiti il test di Ortolani, quello di Barlow, quello di Bardens e il test di compressione assiale dell’anca.
Le lastre radiografiche consentono di confermare la diagnosi, ma non dovrebbero essere il primo passo di quest’ultima dal momento che, eseguendole in prima battuta, si potrebbe trascurare la presenza di altre patologie coesistenti con la displasia dell’anca.
La displasia dell’anca viene catalogata riferendosi alla sua gravità. Il grado HD0 identifica un cane esente da displasia (normale); gli altri gradi sono i seguenti:
- grado HD1 (quasi normale)
- grado HD2 (displasia leggera)
- displasia media
- displasia grave.
Nella lettura delle lastre si prende in considerazione la congruenza fra acetabolo e testa del femore e il cosiddetto angolo di Norberg, l’angolo sull’orizzontale (con l’asse x orientato verso la colonna vertebrale) che si ottiene partendo dal centro della testa del femore e congiungendosi al punto più esterno dell’acetabolo. Se non c’è displasia e il femore è ben inserito, tale angolo è superiore a 105 gradi.
Displasia dell’anca: le cure
L’approccio terapeutico nella displasia dell’anca varia in base a diversi fattori (età, grado di gravità della patologia, coesistenza di altre patologie, disponibilità economiche del proprietario ecc.).
I principali obiettivi che ci sono pongono sono la riduzione del dolore, il mantenimento o il miglioramento della funzionalità articolare e, quando possibile, il rallentamento della progressione della patologia articolare degenerativa.
Sostanzialmente gli approcci terapeutici sono di tre tipi:
- terapia conservativa
- terapia farmacologica
- terapia chirurgica.
I primi due trattamenti sono indicati nei casi di displasia leggera e per cani ormai adulti.
In molti cani il trattamento conservativo apporta notevoli miglioramenti del quadro clinico; questo tipo di approccio prevede sia variazioni dal punto di vista dell’attività fisica sia dal punto di vista del regime dietetico; queste variazioni mirano in primis a una riduzione del peso dell’animale che risulta fondamentale per il miglioramento della zoppia; l’attività fisica è oltremodo importante perché il mantenimento di un tono muscolare ottimale è essenziale in termini di qualità della vita; ovviamente il grado di intensità dell’attività fisica non deve essere eccessivo perché ciò potrebbe esacerbare la condizione infiammatoria tipica della malattia; ottime scelte sono il nuoto e passeggiate ben controllate.
Il trattamento farmacologico consiste generalmente nella somministrazione di farmaci antinfiammatori non steroidei; questa scelta non è condivisa da tutti gli autori, a prescindere dagli inevitabili effetti collaterali (disturbi gastrointestinali e urinari), in quanto essi ritengono che tali farmaci potrebbero essere addirittura responsabili dell’accelerazione del processo degenerativo.
Altri farmaci che potrebbero essere utilizzati nel trattamento della displasia dell’anca sono i corticosteroidi; il problema fondamentale di questa tipologia di farmaci è la controindicazione all’utilizzo in terapie a lungo termine. Una scelta interessante sono invece i cosiddetti condroprotettori come il solfato di condroitina e la glucosamina; questi farmaci possono essere utilizzati per lunghi periodi di tempo e non hanno particolari controindicazioni; alcuni autori suggeriscono inoltre l’utilizzo di integratori a base di acidi grassi polinsaturi (omega 3 e omega 6) per la loro azione inibitoria della conversione dell’acido arachidonico in eicosanoidi promotori dei processi infiammatori.
Per quanto riguarda il trattamento di tipo chirurgico, le scelte a disposizione sono diverse. Sostanzialmente l’approccio chirurgico consta di tre tipologie di intervento:
- interventi ricostruttivi
- interventi a scopo palliativo
- interventi sostitutivi.
Rientrano nel primo punto gli interventi di sinfisiodesi pubica e la triplice (o duplice) osteotomia pelvica; la sinfisiodesi pubica è un intervento chirurgico che viene praticato quando il cane è intorno ai 3-4 mesi di età; tale intervento mira a una correzione della direzione di crescita del bacino per consentire la miglior copertura possibile delle teste del femore. La triplice (o duplice) osteotomia pelvica viene eseguita nel periodo che va dai 5 ai 10 mesi di età ed è un intervento che serve a migliorare la congruenza fra l’acetabolo e la testa del femore.
Tra gli interventi a scopo palliativo si ricordano l’artroplastica DAR (anche DARtroplastica) e l’ostectomia della testa femorale; la DARtroplastica mira all’ampliamento della superficie dell’acetabolo; tale ampliamento viene effettuato applicando degli innesti di tessuto osseo (autoinnesti) o di materiale di origine sintetica.
L’ostectomia della testa femorale consiste nell’amputazione della testa del femore. Affinché si possa ricorrere a questo tipo di intervento è fondamentale che la muscolatura dell’animale sia in condizioni pressoché perfette in quanto essa sarà l’unico sostegno del peso e del movimento dell’animale per un periodo di tempo di circa 5 mesi.
Gli interventi sostitutivi consistono nel rimpiazzare totalmente l’articolazione attraverso l’impianto di una protesi d’anca. La protesi d’anca è un intervento che viene spesso consigliato, ma ciò non significa che esso sia… consigliabile. Attualmente la notevole spinta che c’è per questa tipologia di intervento appare ottimistica; le protesi infatti sono molto dispendiose, ma le possibilità di riuscita non sono poi eccezionali come molti vorrebbero far credere senza contare che il periodo di riabilitazione necessario dopo l’intervento è decisamente lungo. Considerando che in caso di intervento mal riuscito le conseguenze sarebbero molto gravi, non sembra opportuno, al momento attuale, orientarsi su questa scelta.
Dott. Vittorio Garbagnoli
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